La trasferta

LA TRASFERTA
Una rarità assoluta nella storia del Maiatico F.C. 1983 (colori sociali: completo nero con capriolo verde ricamato sul cuore) è rappresentata da una trasferta di trecentoventisei metri in linea d’aria dal nostro San Nicolò, glorioso e inviolato stadio parrocchiale, dove avevamo sempre giocato e vinto contro tutti fin dal settembre ’83.
Fummo invitati precisamente al Spias d’i Foren ( dial; spiazzo dei forni=fornaci) , un rettangolo di gioco improvvisato e approntato nell’estate-1985 dai fratelli Romeo e dai loro scagnozzi, ricchi turisti estivi della Beverly Hills parmense, nel tentativo di contrastare calcisticamente lo strapotere esclusivo del nostro club a livello locale.
I villeggianti, capeggiati appunto dai due Romeo, figli di un avvocato romano che aveva difeso anni prima un assassino di tacchini americani mecdonalds-no global antesignano- avevano deciso di avere anche loro una sede con tanto di campo, e lo avevano costruito, maldestramente, dalle parti del beneamato viticoltore Celso Salati, re della Malvasia; avevano utilizzato un prato abbandonato che nei primi anni del secolo faceva da oasi ai braccianti delle montagne richiamati al pesante lavoraccio nelle fornaci collinari.
Rispetto al San Nicolò si pativa un caldo torrido per il fatto che il terreno di gioco era mal esposto al sole e non c’era nemmeno un albero a dar frescura e nemmeno un prete o uno straccio di perpetua a rifocillarti coi fruttini, le merendine e/o una bella stecca di paglie a fine match, ma decidemmo di accettare comunque la sfida dei risentiti foresti, già sconfitti più volte e quindi pieni d’astio e vogliosi di far bene.
Quel giorno d’Agosto, falcidiato da innumeri assenze dovute alle vacanze estive, il Maiatico schierava, a parte me, Lupo e suo fratello Pavlén, Titén e O’ Mora ( pronuncia alla brasileira o alla partenopea,vero nome Mora).
Andrea Grassi, detto Lupo per i suoi folti sopracciglioni, impareggiabile scatarratore e infallibile conoscitore di canzoncine fasciste e porno, era anche il nostro capo. Era il più anziano e gli davamo rispetto perché fumava le Camel e beveva la vodka a collo, ma era anche, purtroppo, il più balordo a calcio. Suo fratello Pavlén era un inguardabile pachiderma e aveva un cazzino piccolissimo nascosto tra le pieghe della sua enorme pancia ricadente. Avere Pavlèn titolare era molto deprimente ma per noi si sarebbe fatt’uguale. O’Mora infatti era in gran forma e galvanizzato dal fatto che, con 2 anni di anticipo, suo papà Gianyuri, comunista impenitente di lotta estrema, nonché imprenditore miliardario, gli aveva regalato una Gilera 125 da cinema. Poi c’era Titén, perennemente e psicosomaticamente infortunato, ma quel giorno stranamente scevro di acciacchi. Ci incamminammo svogliatamente verso il Spias d’i foren, sicuri della vittoria, ma con senso del dovere e rispettosi dell’ospitalità altrui.
Lo Spias era molto più grande del San Nicolò, pianeggiante e perfettamente rettangolare. I leccaculi dei Romeo avevano posto due paletti per ogni lato orizzontale, a far da porte, ma senza traverse.
Poi c’era il pubblico ai bordi del campo, sotto un paio d’ombrelloni gialli con la scritta Cinzano tutt’intorno; la mamma dei fratelli Romeo, gran gnocca ma con un fare schifato da moglie d’avvocato veramente repellente- il che la rendeva ancora più sexy ai nostri sguardi inebetiti di tredicenni- e la mamma di Ricky Maggi , le tette più grandi e belle di Maiatico (dopo quelle della nostra coetanea e condivisa amica Sèvi, s’intende).
Questo parterre inaspettato ci avrebbe complicato non poco le cose perché giocare al football un pomeriggio cocente d’Agosto, in campagna, con le cicale a piena forza, a 13 anni, mentre due signore trentacinquenni in costume da bagno, molto fighe e molto chic, ti guardano e ridono un po’ indifferenti, la palla non la vedi più.
Al momento di schierarci in campo nasce una disputa furibonda su chi deve andare in porta; tutti infatti sono già impettiti, senza maglietta, pronti ad offrire uno spettacolo atletico di corteggiamento goffamente sotteso alle mamme altrui.
Nessuno vuol rimanere inerte tra i pali mentre gli altri si mettono in mostra guadagnandosi un’ ambitissima occhiata d’approvazione delle nostre spettatrici, e poichè nessuno vuole cedere ci rassegniamo-e questo è un suicidio tattico- a mandare a difendere la porta l’unico che ancora non s’è tolto la maglietta, il biondiccio faccia di castoro Pavlén.
“Pavlén!!!”
“Eh?”
“ Tu in porta!!!”
Un entusiastico e americanissimo oook, un sorrisone a tutti incisivi e via tra i pali…
Questa scelta evidenzia fin da subito, in modo allarmante, i difetti deontologici della sua scaturigine che, non avendo nulla a che fare col senso della partita, ma soltanto colle chiappe da collasso della snob signora Romeo, rischia di diventare letale per noi, consegnandoci indegnamente al libro nero della storia del calcio. Tanto più che i villeggianti, tutti in splendida forma e con un inedito Spotti portiere a prenderle tutte, impressionano per una sapienza tattica mai dimostrata in passato e , nei primi venti minuti, ci impartiscono un’autentica lezione pedatoria.
La prima emozione dell’incontro-manco a dirlo- la dispensa Pavlén che su un retropassaggio del fratello, il torto e rigurgitante Lupo, va a vuoto coi piedi, la sfera rotola rimbalzante verso la porta ma rimedia O’ Mora il piccolo irriverente bego (in virtù del suo corpo bianco, glabbro e venoso) in scivolata deviando in angolo. Dopo tre minuti i Villeggianti passano in vantaggio, cross di Maggi dalla sinistra che Fiscarelli di testa prolunga per l’accorente Romeo I, completamente smarcato sulla destra- Titén, vistosi superato, inscena un finto crampo al ginocchio e, invece di inseguirlo per cercar di rimediare, rimane sul posto col braccio alzato alla Franco Baresi, lasciando all’attaccante romano tutto il tempo per controllare la palla, prendere la mira e far partire una bella sassata centrale. Tiro secco su Pavlén che rotola in porta e fa gol anche lui.
Reagiamo con poca lucidità e molto nervosismo.
Un tiro di O’Mora a fil di paletto, poi su una respinta fortunosa di Pavlén su traversone di Romeo I, Fiscarelli rimette sotto porta e trova il piede di Maggi pronto a deviare in gol. Passa un minuto, cross di Maggi dalla sinistra, Pavlén, Fiscarelli, il Lupo e O’Mora mancano il pallone e Titén, che sta rientrando di corsa-fatto più unico che raro-infila involontariamente nella nostra porta.3-0 dopo 20 minuti di match, e càncheri che fioccano a catinelle.
Finisce il primo tempo, per fortuna senz’ulteriori danni e ci ritroviamo sul bordopiscina dei Romeo, storditi e con un un Lipton ghiacciato in mano, tutti belli imbarazzati e colle mamme avversarie quasi nude che si lascian guardare per vederci arrossire.
Le loro domande tintinnano nell’aria afosa delle tre ,”Che scuola fai?Cosa fanno i tuoi?Di che segno sei?Quanti anni hai?”
“Sì vorrei toccarle le tette signora! Sì vorrei spalmarle il Bilboa sul culo signora! Sì vorrei…i pensieri imbaciucchiti dal sole sono stroncati dal Lupo: “Huey! Finiamo il tè in fretta che qui c’è uno 0-3 da rimediare!!”
Secondo tempo:dopo tre minuti, su un tiraccio sbucciato da Titén col pallone finito nel vigneto di Celso, boccheggiando appesantito da due passeggere, affiora dietro alla curvanord un Ciao blu divinamente occupato: è montato dalle 2 cugine di Maggi, brune, fresche, in jeans e maglietta bianca, con un lieve profumo di sudore estivo , tipico delle tredicenni, che si spande come incenso nell’ arsura del pomeriggio.
A questo punto la cosa si fa veramente pesante. Troppe donne, di tutti i tipi. Qui si va a soccombere tristemente per sette o otto a zero. Mi chiedevo per quale motivo fossero venute quelle due bellissime fanciulle al Spias , e mi rispondevo che le donne, ostinatamente incapaci di cogliere l’essenza del calcio e quindi di riconoscerlo come la cosa più bella del mondo, erano però sempre incuriosite da chi lo praticava. Non esenti da tale regola, anche loro erano venute a vedere com’erano gli amici del loro cuginetto, giusto per coglier chi fosse carino o interessante (non certo forte nel dribbling) e pur essendo questa la loro unica malcelata intenzione erano veramente brave a farti credere che fossero annoiate e disinteressate. Tu senti d’esser osservato e giudicato e classificato, e questo ti agita non poco, ma c’è sempre anche il dubbio che forse non è così; e quando ti giri per vedere se hanno visto il tuo tiro e le cogli ad osservare il cielo o a perdere gli occhi nel vuoto, distratte e lontane, allora ti agiti dieci volte tanto e sei confuso e mordi il freno e pensi a cosa devi fare per farti notare.
Al 7’ rubo palla a Romeo II e , da venti metri , calcio una parabola beffarda che tradisce Spotti insaccandosi alla sua sinistra, sento il sangue caldo che mi corrobora i capillari del cranio e mi fa sentire su di giri,1-3.
Invito i miei al pressing e a giocare come sappiamo, con passaggi corti e di prima e urlo a Pavlén “Forza che se tirano stavolta la prendi!” Mi ricambia con un sorriso da castoro e si gioca.
Ho capito, ragazzi, davvero mi si è aperto il cervello, solo la vista di una bella tredicenne può fermare un tredicenne che vuol giocare al calcio, ma nulla e poi nulla può fermare un tredicenne che vuol far colpo su una bella tredicenne giocando al calcio, e che poi quella meravigliosa fanciulla non mi rivolga nemmeno una parola è un altro discorso, ma adesso io do l’anima e il cuore e mi vesto da campione, perchè se devo esser catalogato non ho nulla da perdere e dunque tanto vale dar il massimo ed esser se stesso, ma facendolo pesare bene.
Guardavo il Lupo a centrocampo che si scaccolava pensando di non essere osservato e mi perdevo in questi pensieri, poi recupero un pallone dai piedi di Maggi…
Al 9’ servo Titén chiedendo triangolo, tocco di piatto al volo di ritorno e palla sul mio sinistro, diagonale in corsa e gol:2-3.
Al 16’ servo O’ Mora, che fa una veronica da applausi a scena aperta, poi tunnel a Fiscarelli, finta su Spotti, controfinta, ricontrofinta, Spotti si attorciglia a terra tre volte su se stesso, O’Mora entra in porta col pallone e si fa applaudire da tutti, ma stavolta sul serio, anche dalle mamme nemiche col reggiseno bianco da brividi e il cappello di paglia da stragnocche Vip.
I villeggianti, purtroppo per loro, sono rimasti su un altro piano, meno vitale, più inconsapevole; non hanno capito che la forza degli ormoni è con noi e al ventesimo, su lancio perfetto di Titén, rivitalizzato anch’egli dalla forza della passera, aggancio al volo di coscia sull’uscita di Spotti e con un tocco morbido di esterno destro spizzico il pallone verso il palo opposto infilando di misura:
4-3. Tripletta personale mia .
Il 5-3 fu opera di Titén che, finalmente si tolse anch’egli la soddisfazione di un gran gol da lontano con un piattone destro di rara precisione, poi ci furono il 6-3 ancora di O’Mora con un diagonale da posizione defilatissima e il mio 7-3, di tacco sinistro a seguire su cross dal fondo ancora di O’Mora, e Pavlén rimase inoperoso per tutto il secondo tempo, meritandosi il 6 politico e passando anche lui alla storia, in virtù di una partita che fu molto di più che emozionante, fu coscienziale.
Da quel momento in poi, nella nostra vita di ragazzini, ci sarebbero state anche le donne. O meglio le donne c’erano sempre state ma avevo percepito con nitidezza totalizzante la loro energia centripeta, gravitazionale, magnetica, per dirla tutta l’energia più potente conosciuta nel cosmo, e – strano davvero- energia così forte che non sembrava esser propria d’un essere di sesso femminile ma trascendente ad esso e in esso non contenuto quanto piuttosto preordinato.
Quell’umiliante 7-3 convinse i villeggianti a non andare avanti coi lavori di costruzione del Spias d’i Foren che rimase dunque incompiuto e abbandonato, scongiurando così l’ombra di un inutile dualismo sui colli maiaticesi.
La cugina di Maggi sul Ciao blu, quella più bella ovviamente, divenne poi mia moglie.
Luca Farinotti